Ricordo di Fausto Ferrario

di Giulia Beretta Manzoni
  • con una piccola forbice mi regalò un intagliatissimo origami

Un nostro concittadino lo voglio ricordare con questo semplice scritto. Anche se sono nata nel dopoguerra c’è un legame tra me e la storia, anzi un legame tra tutti noi e la storia perché ci sono fatti che non si vogliono e devono dimenticare.

Quando ero ragazzina mia mamma mi chiedeva di scrivere al Cittadino, giornale locale di Monza, invitando i cittadini a ricordare la promessa fatta in processione dal nostro Arciprete e dai fedeli, che se Monza si fosse salvata dalla vendetta dei tedeschi ormai in ritirata (la galleria sotto il centro era completamente minata e minacciavano di far saltare la città) sarebbe stato costruito un tempio dedicato alla Regina Pacis e l’appello annuale della mia famiglia terminò quando finalmente il tempio fu eretto e la Madonna Pellegrina fu posta accanto all’altare. Una lapide ancor oggi ricorda alle generazioni future la motivazione della dedica.

Il mio professore di storia è stato Vittorio D’Amico, autore nel 1960 di “Monza nella resistenza” ed è una delle persone che mi ha aiutato a capire la storia ed in particolare quel periodo.

Dopo molti, moltissimi anni ho deciso che era giusto ricordare il defunto concittadino gorgonzolese Fausto Ferrario che in tempo di guerra ospitò e protesse una famiglia di ebrei: papà, mamma e i figli Renato e Sonia nel cortile di Via Italia 40 a Gorgonzola. L’abitazione era al secondo piano, adiacente alla sua, e in alcuni momenti loro erano ospitati direttamente da lui. Mi spinge a raccontare questo fatto il problema che purtroppo alcuni testimoni sono morti ed altri ormai molto anziani.

Fausto nacque a Milano il 12 luglio 1901, era bravo nel dipingere e conosceva molto bene la storia dell’arte. Mio marito diceva che se avesse accompagnato qualcuno al Duomo di Milano, sarebbe stato in grado di spiegare l’opera di architetti, statue, affreschi ecc., senza consultare una guida.

Mi hanno parlato di lui perché ci si ricorda che per il passaggio della processione preparava magnifici ornamenti per il portone del cortile.

I ricordi dei miei cognati Carlo e Amelia (ora defunti) che con la loro famiglia vivevano lì, sul medesimo piano, si possono riassumere nel coinvolgimento attivo e del rischio corso dal sig. Fausto per salvare la famiglia di ebrei.

Erano silenziosi, andavano e venivano in orari diversi e in alcuni momenti erano presso la sua abitazione.

Lui stesso è stato visto tornare dalla Caserma di Cernusco malmenato e con gli occhiali rotti.

Ho parlato ultimamente con la signora Luciana che pure all’epoca abitava lì, come altri ragazzi del cortile giocava con quei bambini, in particolare lei giocava con Sonia quando questa scendeva in cortile. All’epoca era una bambina di 9 anni, convinta che quella fosse una famiglia di sfollati come molte altre. A guerra finita, quindi non c’erano più rischi, ha saputo con certezza tutto quello che aveva fato il sig. Fausto, che viveva con la sorella Gabriella gravemente ammalata.

La Signora Luciana aveva in seguito ricevuto due lettere da Sonia, ma prive di indirizzo. Poi il tempo ha fatto la sua parte e loro non si sono più incontrate.

Io ho parlato con il sig. Fausto due volte, prima quando all’inizio dell’incontro con mio marito desideravo conoscere le persone di cui mi parlava. Era molto gentile, all’istante con una piccola forbice mi regalò un intagliatissimo origami che potevo posare su carta vellutata e ricavarne un quadretto, un omaggio lo chiamò lui.

Un giorno andai a trovarlo alla Casa di Riposo Vergani e Bassi, dove si era ritirato, perché desideravo salutarlo in quel luogo dimostrandogli stima.

Qualcuno ricorda che non riusciva ad accettare le decisioni del Concilio Vaticano II che aveva messo in primo piano la S. Messa in lingua italiana e per ciascun popolo nella propria lingua, prediligendo ancora il latino.

E’ morto il 19 gennaio 1989, quindi in 70 anni di vita qui ha avuto le sue abitudini e amicizie e sicuramente qualcuno saprà confermare o ricordare altre cose di lui.