Ho riso: una pianta dalle mille risaie
Durante la nostra visita a Molino Nuovo, abbiamo appreso molte cose sulla pianta del riso e sulla lavorazione dei suoi chicchi.
Il riso è una pianta erbacea proveniente dall’Asia, che vive in un ambiente acquatico; in tempi passati veniva utilizzato solo come prodotto medicamentoso sotto forma di decotto. Le prime tracce di presenza del riso in Italia risalgono al 1390, ma non si sa chi l’abbia introdotto. Nel 1468 fu inaugurata la prima risaia, mentre la coltivazione vera e propria risale al 1475 e se ne ha certezza in una lettera in cui Galeazzo Maria Sforza prometteva al Duca di Ferrara di inviargli 12 sacchi di riso.
La lavorazione del riso
Prima fase: si raccoglie il riso (ancora avvolto nei tegumenti) mediante trebbiatura del campo.
Seconda fase: il riso viene liberato dai tegumenti, cioè sbramato; si ottiene così il riso integrale ricco di vitamine.
Terza fase: il riso viene sbiancato per abrasione, ma perde tutte le sostanze nutritive; conserva solo l’amido che, nel nostro corpo, si trasforma in zucchero.
Esistono diverse varietà di riso come l’Arborio, il Roma, il Sant’Andrea, il Carnaroli, il Vialone… oltre all’integrale, ognuna delle quali viene utilizzata in modi diversi.
Al mulino abbiamo osservato degli antichi macchinari per la lavorazione del riso, che ancora oggi sono simili, e sono diversi a seconda della loro funzione: il riso proveniente dai campi viene messo in una buca; attraverso alcune “tazze” poste su nastri trasportatori, il riso viene portato nei silos. Successivamente viene “ripulito” dalle impurità in una macchina che funziona come un setaccio, e poi viene inviato in diverse macchine a seconda dell’utilizzo che se ne dovrà fare (macina, frantoio, insaccamento…).